Un cactus aloe, posto alle pendici di una rupe scoscesa, segnava l'ingresso al percorso lacustre che, più avanti, affiancava le gradonate[11] sponde di un tempietto dalle fattezze greche e appunto dedicato alla pagana dea Diana. La struttura del tempio, come spesso capita per le opere ispirate ma non originali, sembra più somigliare ad una sorta di baldacchino piuttosto che ad un tholos. Intorno al simulacro della dea, otto colonne a fusto liscio con capitello ionico sorreggono una trabeazione con tre fasce e fregio decorato con motivi vegetali. Una cupola semisferica sormontata da una pigna completa l'alzato. Il tempio che sorge dalle acque è sorvegliato da quattro figure antropomorfe, dei tritoni composti, in analogia con i centauri, per metà da busti umani e terminanti con astratti cavalli marini. Le quattro figure mitologiche, come la statua della dea, sono opera del Cevasco.
Sopra al lago, parzialmente coperto da una degradante collina erbosa, ai margini del retrostante bosco, è possibile scorgere il kiosco turco. Anche in questo caso la struttura, in ghisa, sembra più avvicinarsi ad una sorta di baldacchino ottagonale sorretto da esili colonne e sormontato da una copertura a cipolla internamente decorata con pitture poligonali astratte dai colori vivaci.
Nel punto più stretto del Lago Grande svetta un finto obelisco egizio ornato con geroglifici immaginari privi di reali riferimenti storici all'originale scrittura egiziana. L'insolita collocazione dell'opera con un vertice della base parzialmente immerso nelle acque lacustri, viene oggi adottata quale prova di una presunta progettazione del parco in chiave massonica.
Nel centro del lago, su di una lingua di terra realizzata artificialmente, sono poste alcune artistiche sedute tra cui un'articolata altalena in ferro. L'isolotto è però cinto da una sorta di bassa siepe posta a celare una conduttura idrica un tempo utilizzata per improvvisi e scherzosi giochi d'acqua.
Se da un capo dell'isola un faggio pendulo si contrappone all'obelisco
egizio, all'altro capo l'isola si collega alla terraferma per mezzo di un doppio
ponticello metallico interrotto da una pagoda cinese dalle ricercate
decorazioni. Le scelte cromatiche sembrano volte a impressionare
l'osservatore con l'illusione di un massiccio uso dell'oro. Gli alti pennacchi
delle adiacenti canne trasportano l'immaginazione del visitatore verso lontani
lidi orientaleggianti.
Per mezzo del barchino, i visitatori venivano condotti in prossimità
dell'obelisco davanti al quale potevano sbarcare attraverso un varco custodito
dalle raffigurazioni della Primavera e dell'Autunno opere sempre del Cevasco.
Le plastiche forme delle due sculture sembrano suggerire un rituale
spargimento di fiori e frutta.
Un grazioso giardino[12] organizzato con aiuole floreali accoglieva il
visitatore in procinto di accedere al tempietto di Flora. La struttura ha
impianto ottagonale ed è ampiamente decorata sia esternamente che
internamente. Bassorilievi del Centanaro, pitture d'ornato del Canzio, figure
pompeiane del Danielli e quattro vasi marmorei sono solo alcune opere
decorative del tempio. Il tempo ed il vandalismo hanno però ridotto di numero
le originali vetrate policrome e finemente decorate riconducibili all'analogo
accorgimento estetico adottato nel castello medioevale. I geni della musica e
della mitologia, posti sulla copertura del tempio, sembrano accogliere il
visitatore.
Il Tempio di Flora non sembra però essere in realtà un luogo di sosta.
La sua collocazione suggerisce più una funzione di passaggio come già
accaduto per l'Arco di Trionfo per condurre il visitatore al Viridario di Flora.
Un'alta siepe ed una stretta serra ricca di esemplari vegetali cingono una
piazzetta dal calpestio ghiaioso al cui centro si innalza una sorta di cesta
floreale sormontata da una silfide alata, opera del Cevasco, che sembra solo
sfiorare le corolle dei fiori. Le ali di farfalla della silfide, probabilmente
metalliche, risultano oggi mancanti.
Abbandonato il Viridario di Flora, il visitatore può liberamente
percorrere gli articolati sentieri che sovrastano il Lago Grande dove potrà
incontrare alcune grotte minori, il piccolo labirinto realizzato con un'articolata
siepe, l'alto ponticello sovrastante il dirupo ed il monumento a Gabriello
Chiabrera il cui ritratto è sorretto da due genietti alati. Un altro monumento
marmoreo posto nelle immediate vicinanze del Lago Grande ricorda la figura
del Canzio, architetto e regista del parco. La tradizione vuole che l'opera sia
stata commissionata al Cevasco dal Marchese Ignazio Pallavicini ad insaputa
dello stesso Canzio.
L'opera teatrale ha termine non sulle sponde del lago ma sul piazzale
antistante il palazzo ove si chiude il percorso. Discendendo gli ombrosi sentieri
che attraversano un fitto boschetto, già incontrato all'inizio del percorso, il
visitatore si potrà imbattere in una sorta di rupe artificiale le cui pendici
ripidamente affondano in un piccolissimo specchio acqueo. Sulle sponde, un
coccodrillo del Nilo minacciosamente insidia l'aquila posta a difesa dell'alto
nido.
Conclusa l'opera teatrale, la visita può comunque proseguire all'Orto
Botanico realizzato su di un angusto terrazzamento posto al di sotto del
piazzale antistante il Palazzo. Due ampi scaloni, articolati su doppie rampe
giuntate mediante pianerottoli, si sviluppano ai lati di un alto nicchione
contenente una vasca con graziose piante acquatiche galleggianti.
Nell'Orto Botanico, oggi in condizioni manutentive piuttosto precarie,
erano ospitate numerose piante rare di remota provenienza frutto delle
ricerche della Marchesa Clelia Durazzo, botanica di fama internazionale.
Piccole ma funzionali serre in muratura sono collocate sul perimetro dell'area
mentre l'attenzione dell'osservatore viene attratta dagli ambienti centrali posti
in serie come una sorta di trenino in ghisa e vetro terminate su alcune aiuole
con fontana centrale.
[11] -
Stampe e acquerelli precedenti al 1857 testimoniano la collocazione del tempietto
su di un’isoletta poi eliminata per far spazio alle quattro statue raffiguranti dei tritoni.
[12] -
Lo stato attuale del giardino risulta piuttosto rispettoso dell’originale progetto.
Stampe e raffigurazioni pittoriche spesso testimoniano un semplice prato in contrasto con la presenza di siepi
riscontrabili in una foto del 1978. Il Tempio di Flora, indicato anche come Giardino Segreto di Flora,
è collocato in modo tale che i visitatori, privi di accompagnatori o adeguata guida cartacea, spesso non riescono ad individuare il sentiero d’accesso.